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SHOAH, termine ebraico che
significa genocidio e si riferisce a quanto accaduto agli Ebrei in
Germania durante il 3° Reich. L’eliminazione fisica e mentale degli
ebrei serviva ai tedeschi per affermare la razza ariana. Da tutta
Europa vennero deportati uomini, donne e bambini, individui che non
avevano nessuna colpa, nessuna, se non quella di credere nella loro
religione. Venivano inizialmente concentrati in campi di raccolta
per poi essere ammassati su vagoni ferroviari diretti nei campi di
sterminio in Europa.
Il campo di concentramento non deve
essere solo interpretato come luogo tra le cui mura è avvenuta la
più grande strage umana: ha infatti un significato ancor più
profondo, legato a quanto di peggio gli esseri umani siano in grado
di fare contro i propri simili. Il campo era una città concepita,
studiata e strutturata apposta per violentare la persona, per
umiliarla, per distruggerla, per renderla bestia. Nei campi si
puntava a deteriorare, oltre che fisicamente, anche mentalmente un
individuo.
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Provate a pensar a cosa significhi esser ridotti ad un numero, una
banale cifra sulla pelle che ti identifica, privati della propria
personalità, della propria libertà, della propria dignità.
Un lento processo di disumanizzazione
portava le persone all’abbandono di ogni speranza.
Non dobbiamo andare molto lontano per trovare un campo di raccolta:
infatti anche qui, a Vercelli, esisteva un campo di concentramento:
la Cascina Aravecchia. Per collocarla precisamente nello spazio,
possiamo dire che la cascina si trovava tra via Cavalcanti e via
Colombo, ma non tutti ne conoscono l’esistenza perché qualche anno
fa è stata demolita. Anche se molteplici accuse sulla deportazione
vengono negate, tutto è, invece, un’orribile realtà! Per questo
ricordare è importante: per non ricadere negli stessi sbagli, per
cercar di evitare la nascita di nuovi gruppi politici che possano
riportarci a rivivere esperienze devastanti come è stato questo
periodo.
recinzione
di un campo |
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la cascina Aravecchia a
Vercelli |
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