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INCIPIT: Una
notte d'inverno un viaggiatore scendeva alla stazione di Vercelli per
consegnare una valigia ad una persona sconosciuta
Una notte d’inverno un viaggiatore scendeva alla stazione di Vercelli per
consegnare una valigia ad una persona sconosciuta. L’aria fredda che gli
accarezzava il viso diventò ben presto gelida quando incontrò il suo
sguardo. Era un uomo alto,ben vestito,sulla cinquantina,insomma un
personaggio che si incontra frequentemente in una stazione,ma nessuno
avrebbe mai immaginato che quell’arrivo avrebbe sconvolto per sempre
Vercelli.
Il suo cappotto nero si perdeva lentamente nei contorni della notte,una
notte buia senza stelle che rese ancora più inquietante quello strano
arrivo. Egli non portava con sé bagagli,tranne la valigetta di
pelle,anch’essa di colore scuro che teneva gelosamente stretta a lui,come se
al suo interno si celasse un misterioso segreto che non volesse rivelare a
nessuno. Io non conoscevo il motivo che mi spinse in quel luogo,e non capivo
neanche perché un brivido sempre più forte stava iniziando a percorrermi la
schiena. Avrei voluto correre il più velocemente possibile lontano da lì,ma
il freddo e la paura mi bloccarono,lasciandomi immobile come un chiodo
piantato in una trave. Finalmente lo sconosciuto fece i suoi primi passi.
Camminava in un modo accelerato,come se dovesse andare da qualche parte a
portare a termine un compito.
Quando passò accanto a un lampione posto vicino alle rotaie,la tenue luce
che quel corpo luminoso emanava lasciò intravedere per un istante il volto
dell’uomo. Era un volto che iniziava a essere segnato dal tempo,con rughe
che increspavano la pelle;il segno più evidente che vidi in quei pochi
attimi fu una grossa voglia rossa, posta sulla guancia sinistra, che
risaltava molto sulla carnagione pallida. Ad un tratto gli squillò il
cellulare,ma purtroppo non riuscii a capire chi fosse il suo interlocutore e
cosa gli stesse dicendo poiché una voce dall’altoparlante segnalò che il
treno Bologna-Vercelli sarebbe arrivato tra un paio di minuti sul binario
tre. Le uniche parole che sentii nitidamente furono: “…non sbaglierò questa
volta…A tra poco...Ciao!”.
Finita la conversazione, ripose il cellulare nella tasca interna del
cappotto,si riallacciò i primi due bottoni,slacciati precedentemente per
estrarre il telefonino, e infine lanciò un’occhiata maligna alla valigetta
che teneva inspiegabilmente ancora più stretta dopo la telefonata. Uscì
velocemente dalla stazione e poi, fuori,il passo diventò una vera e propria
corsa. La paura che prima mi aveva fermato e che mi impediva di compiere
ogni movimento di colpo svanì,ma al suo posto subentrò la curiosità e nella
mia mente si formularono delle domande che chiedevano quanto prima una
risposta e un chiarimento. Le mie gambe, fino a un istante prima rigide come
marmo,spinte dalla voglia di sapere che cosa quel tizio fosse venuto a fare
nella mia città, iniziarono a muoversi per seguire l’uomo con la strana
valigetta. Uscì anch’io dalla porta principale della stazione e lo ricercai
con lo sguardo,fino a quando non lo rintracciai. Aveva appena superato la
fontana sul piazzale, non accennava a frenare quella sua andatura da
“centometrista”,fino a quando non dovette attraversare delle strisce
pedonali e si preoccupò di controllare se arrivassero delle auto. Io lo
seguii prudentemente senza dar nell’occhio,e notai che si era fermato
davanti alla basilica di S. Andrea; lì come dal nulla sbucò un altro uomo
vestito come lui,con il quale intrattenne un breve discorso a bassa voce e
dopo pochi secondi gli consegnò la misteriosa valigetta. Nell’aria si
respirava un odore strano che non so spiegare e una nebbia fitta iniziava a
scendere come se volesse coprire qualcosa di terribile che si era verificato
poc’anzi. I due si guardarono bene intorno,ma non si accorsero di me poiché
ero accovacciato dietro a una siepe che mi copriva,quindi, sentendosi
protetti,aprirono la valigetta sfilando dal suo interno un computer
portatile.
Tutto a un tratto mi accorsi che vicino alle pareti esterne della basilica
c’erano diverse casse che non avevo mai notato prima:solo allora capii il
loro folle piano. Mi precipitai fuori dal mio nascondiglio provvisorio
cercando di urlare con tutte le mie forze per chiedere aiuto,ma,
inspiegabilmente, la mia bocca non emise alcun suono. I due strani tizi non
si accorsero della mia presenza e continuarono imperterriti a digitare
numeri e lettere sulla tastiera del portatile. Con l’intenzione di fermare
quei due uomini mi lanciai di corsa con tutte le mie forze verso di loro,ma
quasi come fossi un fantasma privo di corpo passai oltre e, incredulo, caddi
su un prato lì vicino. Fallito il tentativo, non ebbi più neanche il tempo
di voltarmi quando sentii una fortissima esplosione. Mi alzai prontamente e,
voltandomi, vidi uno spettacolo orribile. La basilica S. Andrea che per
secoli era stata un vanto per Vercelli era stata rasa al suolo e neanche un
capitello si era salvato dal crollo. Là dove prima sorgeva un’opera di
grandissimo valore artistico ora erano rimaste solo macerie. Cercai per
l’ultima volta i due uomini con lo sguardo,ma essi scomparvero di colpo
nella gelida nebbia da cui erano venuti, come inghiottiti nella notte. Io,
in lacrime e disperato,sentii una voce che mi chiamava e di colpo mi
ritrovai nel mio letto.
Erano le sette di mattina ed era ora di svegliarsi per andare a scuola. Fu
per me una gioia enorme scoprire che era stato tutto solamente un terribile
incubo.
Davide Rosso (3
Meccanici) |
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