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ARIA DI
PRIMAVERA
Ed ecco, che tra le brume mattutine,
il sole abbozza un timido sorriso,
s'alza lento dal lungo sonno del gelido inverno,
si scuote di dosso la neve luccicante
e sbadigliando allarga le braccia sulla terra ancor dormiente.
Lunghi rivoli d'acqua fredda scorrono
fra l'erba avvizzita, accarezzano gli esili fili giallastri,
rigenerano il vecchio spirito della natura.
Soffia un'aria di primavera che addolcisce il cuore,
incanta come ogni anno gli occhi,
fa vibrare il corpo di una rinata voluttà
di vita, di gioia, d'amore. |
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SENTINELLA
Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame e freddo ed era
lontano cinquantamila anni-luce da casa. Un sole straniero dava una
gelida luce azzurra e la gravità, doppia di quella a cui era
abituato, faceva d’ogni movimento un’agonia di fatica.
Ma dopo decine di migliaia d’anni
quest’angolo di guerra non era cambiato. Era comodo per quelli
dell’aviazione, con le loro astronavi tirate a lucido e le loro
super-armi; ma quando si arriva al dunque, toccava ancora al soldato
di terra, prendere la posizione e tenerla, col sangue, palmo a
palmo. Come questo fottuto pianeta di una stella mai sentita di
nominare finché non ce lo avevano sbarcato. E adesso era suolo sacro
perché c’era arrivato anche il nemico. Il nemico, l’unico essere
intelligente della Galassia… crudeli, schifosi, ripugnanti mostri.
Il primo contatto era avvenuto vicino al centro della Galassia, dopo
la lenta e difficile colonizzazione di qualche migliaio di pianeti;
ed era stata la guerra subito; quelli avevano cominciato a sparare
senza nemmeno tentare un accordo, una soluzione pacifica.
E adesso, pianeta per pianeta,
bisognava combattere, coi denti e con le unghie. Era bagnato
fradicio e coperto di fango e aveva fame e freddo, e il giorno era
livido e spazzato da un vento violento che gli faceva male agli
occhi. Ma i nemici tentavano d’infiltrarsi e ogni avamposto era
vitale.
Stava
sull’erta, il fucile pronto. Lontano cinquantamila anni-luce dalla
patria, a combattere su un mondo straniero e a chiedere se ce
l’avrebbe mia fatta riportare a casa la pelle.
E allora vide uno di loro strisciare verso di lui. Prese la mira e
fece fuoco. Il nemico emise quel verso strano, agghiacciante, che
tutti loro facevano, poi non si mosse più. Il verso e la vista del
cadavere lo fecero rabbrividire. Molti, col passare del tempo,
s’erano abituati, non ci facevano più caso; ma lui no. Erano
creature troppo schifose, con solo due braccia e due gambe, quella
pelle d’un bianco nauseante, e senza squame.
F. Brown, "Sentinella" in Le
meraviglie del possibile
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